L’aria è pregna di fumo, la scena è intrisa di spiritualità, lo sciamano sta celebrando l’ultimo atto della sua purificazione. Mi guarda e mi fa segno di entrare nella cappella. La luce taglia la polvere, l'incenso riempie lo spazio, l'ultimo atto di guarigione ad un uomo che aspetta silenzioso in un angolo.
Sincretismi: dove il mondo Maya incontra il cristianesimo
Chichicastenango, un piccolo gioiello della Cordillera guatemalteca, un luogo dove il sacro e il profano danzano insieme. Circa 300 sciamani si trovano a “Chichi”. Lo sciamano è colui che controlla gli spiriti e che, attraverso il viaggio visita il regno dell'oltre mondo. Sono i guaritori, i curanderos, la maggior parte delle persone chiede loro un rito di purificazione prima di sottoporsi alla medicina tradizionale.
In questo luogo, le antiche cerimonie dei popoli originari si fondono con i riti cristiani in un intreccio nato nel XVI secolo, con l’arrivo degli spagnoli, quando le loro credenze si sovrapposero a quelle indigene. Il cosiddetto “Nuovo Mondo” divenne teatro di immense atrocità, ma anche di un incontro culturale irripetibile, capace di generare nuove forme di spiritualità. Dall’unione tra la saggezza ancestrale dei popoli nativi, le pratiche spirituali africane e le tradizioni popolari europee nacque il Curanderismo moderno: un sapere che intreccia scienza e magia, erbe e rituali, corpo e spirito, passato e presente.
Le chiese di Santo Tomás e del Calvario dominano la piazza, diventano il cuore pulsante di un sincretismo religioso straordinario. Intorno, i banchetti colmi di frutta tropicale, erbe curative, fiori e manufatti artigianali compongono un mosaico vivace che richiama migliaia di indigeni da ogni angolo del paese. Sul sagrato, una sciamana, celebra un antico rito Maya, agitando un incensiere colmo di resina di copale, il cui profumo si mescola all’aroma dei rami di pino posizionati all’ingresso. Nel frattempo, fedeli cattolici si inginocchiano sul pavimento di pietra della chiesa, percorrendolo dall’uscio all’altare.
La Vergine è avvolta da una corona di piume. Intorno, i fedeli accendono candele colorate, ognuna con un significato preciso secondo un codice sciamanico: il cero nero tiene lontani i nemici, rosso favorisce l'amore, rosa protegge i bambini, blu migliora gli affari, giallo e bianco salvaguardano chi li accende, verde propizia lunga vita.
La chiesa di San Tomás, con la sua facciata bianca in calce viva, fu edificata nel 1540 sulle rovine di un antico tempio Maya, le sue scalinate
ricordano ancora le piramidi sacre. Due chiese e un cimitero allineati lungo una sola direttrice: San Tomàs rappresenta la vita, il Calvario la morte, il camposanto il riposo.
Una piccola cappella scura con doppie porte in ferro, che i custodi aprono di giorno per consentire ai curanderos di celebrare i loro riti. Dietro la tomba di Padre Ildefonso Rossbach, un tavolo colmo di incensi e candele. Il fumo avvolge tutto, le litanie riempiono l’aria. L’uomo viene purificato, mentre la curandera, che ha guidato il rituale dall’esterno, sbadiglia: il rito è compiuto.
Là dove la fede brucia di incenso e rum
Un sincretismo tra tradizioni Maya e cattoliche che ha fatto nascere anche credenze bizzarre. A Santiago Atitlán ha dato vita alla devozione di figure come Maxscimon, un "santo" molto particolare non riconosciuto dalla chiesa cattolica, Il suo corpo di legno è posato su una stuoia di paglia, vestito con abito elegante, cravatta e cappello. Maxscimon è venerato in case private dove viene ospitato a rotazione annuale da confraternite locali. Viene accudito 24 ore su 24 da due persone, il cui lavoro è di servirlo a tempo pieno, parlano con lui in un dialetto locale. La stanza che lo ospita è un luogo in cui si mescola il sacro al profano. Le pareti sono infatti straboccanti di figure religiose come quelle di Gesù Cristo e di santi della religione cattolica. Candele e incenso bruciano ovunque. Il soffitto è coperto da palloncini e luci, i muri sono decorati con carta colorata, nastri, perline. L’atmosfera è decisamente misteriosa. Arrivo mentre è in corso un rito di purificazione di una donna.
Lo sciamano prega mischiando litanie cristiane a frasi in lingua maya, offre a Maxscimon alcool, Coca Cola e sigarette. Il liquore viene versato direttamente nella bocca. Agita banconote, prega, beve, sussurra. Il rito si conclude con lo sciamano che soffia del rum sulla ragazza, il liquido spruzzato sigilla le suppliche della donna. La rincontrerò all’uscita del mercato dei fiori, mentre con un mazzo di rose in mano entra in chiesa per affidarsi a qualche Santo. Della serie meglio provarci con due.
Dia de los Muertos, il giorno in cui gli spiriti parlano ancora
Il Guatemala, terra profondamente radicata nella tradizione e nella spiritualità, celebra con grande devozione il Giorno di Ognissanti, che qui prende il nome di Día de Muertos. Questa ricorrenza è un incontro tra antiche influenze Maya e religione cattolica, due mondi che si fondono per rendere omaggio ai defunti in modo unico e profondamente toccante.
Per permettere ai defunti di “attraversare il portale”, si prepara l’ofrenda, un altare commemorativo dedicato agli antenati, adornato con fiori, foglie di pino, decorazioni e candele. Il 1° novembre i guatemaltechi visitano i cimiteri, dipingono le tombe con i colori preferiti dei loro cari e le riempiono di vita. Tutto è colorato, perché per i Maya la morte non è dolore, ma gioia.
L’origine di questa festa risale a oltre 500 anni fa, quando le tradizioni preispaniche e cattoliche si incontrarono, dando vita a una celebrazione che onora il ritorno simbolico dei defunti sulla Terra. Accanto alle tombe vengono posti piatti preferiti, fiori, immagini e oggetti personali.
Il Cimitero di Sumpango è un continuo via vai di persone. Entro con la mia macchina fotografica in mano, con un leggero senso di timore, mi sembra di profanare qualcosa di sacro, di invadere l’intimità della morte. Ho la sensazione di essere un estraneo in un momento troppo personale. Ma basta poco per lasciarmi trasportare. Bambine sorridono mentre pitturano le tombe, un luogo che altrove sarebbe silenzioso e raccolto, ma che qui si trasforma in vita, in musica, in memoria, in festa. La canzone preferita del defunto risuona nell’aria, suonata con le marimbe. Strumenti, melodie struggenti, voci. Cammino tra i vicoletti, tra famiglie che mangiano sedute sulle tombe e bambini che corrono con gli aquiloni tra le mani.
Gli aquiloni giganti sono uno degli elementi più emblematici del Giorno di Ognissanti in Guatemala. Realizzati a mano con carta e bastoncini, sono vere opere d’arte. Quando si alzano nel cielo, diventano un ponte simbolico tra il mondo dei vivi e quello degli spiriti.
Dietro la malinconia della perdita, ciò che colpisce è la forza della vita. Sono i sorrisi a parlare, quelli sdentati degli anziani, quelli dei bambini che corrono liberi, quelli delle famiglie che ti accolgono come uno di loro.
La parte più toccante del Día de Muertos è proprio questa, la naturalezza con cui le persone ti lasciano entrare nel loro dolore trasformato in festa. Ti mostrano con orgoglio le tombe adornate da collane di fiori e candele accese, ti sorridono mentre immortali i loro momenti, seduti accanto ai propri cari. Alcuni ti raccontano storie, aneddoti, ricordi personali, condividendoli con perfetti sconosciuti.
Non è solo una commemorazione, è un inno alla vita, un atto d’amore collettivo che unisce vivi e morti in un’unica, grande celebrazione.









































