Bulgaria

I recenti fatti successi a Goro, in provincia di Ferrara, dove gli abitanti hanno realizzato un blocco stradale per impedire l'arrivo di dodici donne immigrate coi loro figli in un ostello requisito dal prefetto, mi ha fatto venire in mente una storia successa con mio nonno qualche anno fa.

Quando il fenomeno dei migranti passò alla ribalta mediatica, per un po’ di tempo mio nonno insistette perché io andassi a vivere in una casa di sua proprietà che al momento era vuota, aveva paura che “il governo” avesse potuto requisirla per ospitare i migranti. Nella casa che aveva costruito con le sue mani, lui i migranti non li voleva, cosi mi diceva.

E mio nonno non era razzista, di questo ne sono sicuro.

Ieri il giornale “la Repubblica” scriveva:

<<La solidarietà cristiana, la fraternità socialista, il buon senso compassionevole liberale - si sta sciogliendo nei punti più deboli della nostra geografia sociale, i piccoli centri della lunga periferia italiana, i paesi di montagna e di campagna, le isole ghettizzate all'interno delle grandi città. Persone in buona parte anziane, estranee al circuito del consumo multiculturale, frastornate dalla globalizzazione, con gli immigrati si trovano nei giardini spelacchiati sotto casa un mondo che non hanno mai visitato e mai conosciuto, senza che le comunità siano state preparate a gestire il fenomeno. Si sentono esposti, si scoprono vulnerabili, diventano gelosi del poco che hanno, egoisti di tutto..

…Gli ultimi si trovano davanti i penultimi, che non vogliono concedere agli stranieri un millimetro di spazio sulla terra che considerano loro. Se non fossero scesi fino appunto al penultimo gradino della scala sociale (quello di un ex ceto medio che viveva del proprio lavoro, e che con la crisi si sente precipitare nella mancanza di impiego e di futuro) non si sentirebbero sfidati direttamente dai richiedenti asilo che bussano alla nostra porta: non si sentirebbero "concorrenti", invidiosi di quell'elemosina sociale che l'Europa elargisce con un'accoglienza riluttante, mandando i carabinieri a requisire sei stanze di un ostello vuoto in una stagione turisticamente morta.>>

Una paura sociale del quale ho avuto la conferma la scorsa settimana. Sabato mi trovavo a Sofia, la capitale della Bulgaria, uno stato non ancora propriamente “ricco”.

Per le vie del centro è andata in scena una manifestazione contro gli immigrati, migliaia di bulgari che sventolando le bandiere nazionali, inneggiavano contro l’ Europa e la politica di accoglienza. Un corteo di gente, che come una moderna crociata, aveva in testa uno stendardo con la croce cristiana, e un monaco ortodosso con in mano un crocefisso! La massima tensione si è toccata, quando giunti davanti la moschea, sono cominciati a volare petardi e pietre contro le mura di quel luogo religioso.

E attenzione, la Bulgaria è stata una delle prime nazioni europee a riconoscere sul proprio suolo il culto islamico. La Bulgaria non è razzista, o almeno non tutti i bulgari lo sono. Cosi come razzista non era mio nonno, cosi come non lo sono nemmeno i ferraresi di Goro.

Non è razzismo, adesso è paura. La paura spiega l’ egoismo di questa gente senza più diritti, è sfiducia verso i governi. O almeno voglio sperare che sia così.

 

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